IN VIA DEL TUTTO ECCEZIONALE

Residenza artistica di MESSA IN SCENA E DRAMMATURGIA
(LUGLIO 2024) VINCITRICE bando cura 2024

con Claudio Fidia regia e drammaturgia di Alessandro Paschitto

La residenza artistica di Claudio Fidia e Alessandro Paschitto con il progetto vincitore del bando CURA 2024 si è concentrata sulla ricerca drammaturgica e ha avuto diversi momenti di incontro con il territorio, da Polistena a Camini.

L’attore fa accomodare gli spettatori, consegna loro il menù, prende le ordinazioni, serve lo spettacolo. Dopotutto è un vero cameriere. Di tutti i luoghi di raduno della nostra società, il ristorante sembra l’unico imbattuto baluardo. Il teatro invece ormai è barbaramente disertato. Facciamolo diventare ristorante! Così ci siamo detti per scherzo. Così abbiamo fatto per davvero. Et voilà. Lo spazio scenico vede gli spettatori raccolti intorno ai tavoli. Il ristorante diviene luogo simbolo, finestra sul fuori, punto di incontro di serviti e servitori, di chi se lo può permettere e chi no. Immagine del mondo in sei portate. Il racconto è il menù del giorno e viene servito su richiesta degli spettatori. Le scene dello spettacolo sono le pietanze. E sono loro, i clienti-spettatori, a definire la scaletta di sera in sera, sulla base delle ordinazioni. Ciascuna portata è porzione di vissuto. Accaduto per davvero a chi ce lo racconta. Perché questo attore in un ristorante ci lavora. Sa mostrarci dove la schiena fa male, i piedi gonfi, ci porta dietro le quinte, ci mostra come tenere tre, sei, dodici piatti in equilibrio, li fa cadere facendoci saggiare l’esperienza della ceramica in pezzi. Il racconto viene addentato da tutti i lati, narrazione, performance, interattività, coreografia si passano il testimone per seguire il filo rosso di un vissuto. Il carnevale umano di clientele che si sussegue ai tavoli, aneddoti, pensieri, sensazioni, speranze strozzate in gola col vassoio in equilibrio. Come un arlecchino contemporaneo, attraverso il teatro questa figura marginale prova a fare il salto, diventare simbolo, universalizzare un’esperienza che schiaccia e mette in contatto con quello smarrimento e quella stanchezza che spesso toccano chi ancora non ha trovato il suo posto nel mondo. E nel frattempo rimbocca le maniche. Tutti abbiamo già incontrato di queste figure e non ce ne siamo accorti. Erano nascoste oltre il gilet, dietro il buonasera, dentro il piatto poggiato con la mano che un po’ trema. A guardarle un attimo più da vicino lo si nota subito: siamo proprio noi.

Il progetto bordeggia tra narrazione, interazione con gli spettatori, momenti coreografici costituendosi come un’unica, fluida, performance. Lo spazio scenico non è da intendersi come ricostruzione realistica. Il ristorante è un simbolo, un paio d’occhiali per osservare il mondo in filigrana, uno dei tanti giochi a cui il teatro può giocare con lo spettatore. In tal senso lo spazio scenico deve assumerne l’impostazione di base. Gli spettatori siederanno a tavoli disposti in tutto lo spazio calpestabile, proprio come avventori. La distribuzione dei posti può declinarsi in forma circolare o semicircolare a seconda delle caratteristiche architettoniche dello spazio ospite. Lo spettacolo sarà diverso di sera in sera, proprio come una cena o un pranzo, ridefinito dalle ordinazioni degli spettatori. Nessuna traccia di vero cibo: sui piatti in arrivo compaiono elementi inattesi, uno scarpone, un romanzo, una foto di Sigmund Freud, un pacchetto di profilattici. Oggetti concreti che preludono alla scena da recitarsi, correlativi di valore simbolico, quasi dei titoli a condensarne il senso

 

Tutti abbiamo già incontrato di queste figure e non ce ne siamo accorti. Erano nascoste oltre il gilet, dietro il buonasera, dentro il piatto poggiato con la mano che un po' trema.