di Tino Caspanello
regia Andrea Naso
con Tino Calabrò/Paolo Cutuli, Andrea Naso
scene Maria Concetta Riso
musiche ed elaborazione suoni Alessandro Rizzo
durata: 55′
età: dai 13 in sù
Spettacolo patrocinato da LIBERA – Coordinamento di Vibo Valentia
Un appuntamento al buio. Un appuntamento comandato, apparentemente casuale in cui c’è un ordine da eseguire, una commissione, che si rivelerà essere una specie di iniziazione alla quale non ci si può sottrarre, perché gli ordini vanno eseguiti. Soprattutto quando arrivano dall’alto, da un “alto” che, incurante di etiche, affetti, legalità, costruisce il mondo secondo la logica spietata della sopraffazione. Due uomini, uno molto giovane, l’altro adulto, due generazioni a confronto, che si guardano al buio come due lottatori su un ring. Vittime e carnefici allo stesso momento. Nel passato dei due si scopre che le scelte dell’uno hanno avuto effetti sulle scelte dell’altro e viceversa, un filo sottile nell’ordine del rapporto causa effetto, che applicato ai sentimenti umani si assottiglia sempre più. Adesso la vita ripropone quel bivio: il destino di uno dipende dalla scelta dell’altro, una scelta interiore che potrebbe rafforzare, oppure rompere definitivamente, attraverso la disubbidienza, quel tragico filo che ci lega ad una cronaca quotidianamente violenta. Il dialogo sviscera dicotomie, simbiosi, dipendenze umane universale: il professore e l’alunno, il padre e il figlio, l’uomo e l’adolescente, la certezza e il dubbio, la forza e la vulnerabilità. La strada della vita però, prima o poi, ci presenta il “bivio”, la scelta decisiva, che giusta o sbagliata sarà sempre determinata da un atto di coraggio sugli eventi della vita, troppo spesso determinati dalla volontà altrui. Questo testo, e ancor più la regia dello spettacolo, sottolineano l’importanza dei settori educativi nelle istituzioni e la capacità di incidere positivamente nella vita di un adolescente, a volte ancor più di un genitore, sostituendolo in alcuni casi, quando questo arriva al punto di non “conoscere” il proprio figlio e le sue attitudini. Allora “il professore” può esser tutto o niente e in entrambi i casi sarà determinante nel percorso educativo ed umano dell’alunno. Sira non tratta il tema della legalità ma si sofferma sulla libertà dell’individuo e sulla sua auto determinazione.
La mafia è dunque “forma mentis”, un’idea che solo con altre idee si potrà sconfiggere.
HANNO DETTO
<<Il destino di uno dipende dalla scelta di un altro. “Sira”, infatti, è un messaggio di speranza, che trasmette la consapevolezza che, anche dove la famiglia fallisce, la scuola può supplire se solo chi è deputato all’educazione è cosciente e consapevole del delicato e difficile compito che gli è stato affidato. Cinquanta minuti di spettacolo, grazie al quale il Centro sperimentale d’arti sceniche Dracma riesce a catturare l’attenzione del pubblico, per prima avvolgerlo in un’infinità di sensazioni, e, successivamente, trasmettere messaggi positivi, di speranza. Il tutto grazie alla genialità degli unici attori protagonisti, Andrea Naso e Paolo Cutuli.>>
(Carmensissi Malferà – Calabria Ora – 1° febbraio 2011)
<<…“Sira”, dunque, come Sera, nel nostro dialetto, sera come ambientazione temporale e scenica di una rappresentazione che ha tenuto alta l’attenzione dei tanti che (…) hanno potuto assistere ad un’ora di vero teatro, quello che ti tocca l’anima, ti scuote la coscienza, ti rimanda a casa con il cuore carico di rabbia ma anche di fiducia che giorni migliori possano spuntare, finalmente, all’orizzonte di questa martoriata, aspra e bella terra di Calabria. (…) Sul palco una scenografia essenziale, quella di un cantiere edile nei pressi di una stazione ferroviaria. Tra tavole e pedane sporche di cemento loro, i due protagonisti, Salvatore (il giovane Paolo Cutuli) e “il professore” (Andrea Naso). Due personaggi che da soli sono stati capaci di riempire la scena, con una recitazione superba, fatta di parole, gesti ed espressioni che hanno reso molto bene il tormento interiore di un ragazzo andato lì, nel cantiere, ad uccidere, e di un uomo (…) che riesce a dare un’ultima, salvifica lezione al suo vecchio alunno…>>
(Franco Pignotta – Il Quotidiano del Sud – 25 marzo 2011)
<<Andrea Naso porta in scena, come attore regista, una forma di teatro neorealista, minimale nelle forme sceniche, scarnificato, ma denso di emozione e contenuti. Le scelte artistiche di Naso impongono prepotentemente – a chi abbia la fortuna di imbattervisi – una cultura del Sud (e della Calabria in particolare) in grado di offrire tematiche che, rifuggendo da un vuoto minimalismo, esprimono tutta la potente drammaticità dell’esser uomo. Finalmente qualcuno che dà voce a chi ha qualcosa da dire!>>
(Michela Gatti – Milano today – 11/04/2011 Teatro della Cooperativa)