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PIAGATA – L’ultimo dei miracoli | |
di Domenico Loddo e Tiziana Calabrò | |
Visti dall’alto noi umani sembriamo creature insensate, sciami di insetti che vanno avanti e indietro, in un affanno perenne, dimentichi del sentire dell’altro, e della nostra stessa genesi. Così accade a Benedetta, la protagonista della pièce, che costruisce marionette, intaglia destini di legno, crea drammaturgie dal nulla e mette in scena la vita. Come quel Dio a cui, forse, non crede più. Eppure un evento inspiegabile per la ragione umana costringe Benedetta a fermarsi, la inghiotte nel suo laboratorio, come una moderna Jona nel ventre della balena. Le sue mani sanguinano, ferite da chiodi invisibili, in una dolorosa similitudine con le sue marionette. Cosa deve farsene di quell’infezione che tutti chiamano “dono”? Non può più lavorare, non può più amare, non può più vivere. In un tempo di accumuli, le piaghe sono sottrazione e deserto, nome non voluto di Dio sulla carne, simbolo della rivelazione dell’uomo all’uomo. Sono le mani nude che riconoscono il dolore dell’altro, partendo da sé, accettando il proprio mistero di nascita. In principio, Benedetta si rintana in casa, si nega al mondo, pronuncia parole misteriose che sanno di profezia. Nel sottofondo si odono a tratti le voci incessanti di uomini e donne, fedeli e non, che saputo della notizia, cercano la grazia e il miracolo. Da controcanto al rifiuto di Benedetta, che è un rifiuto dell’uomo e della sua fragilità, c’è una presenza che irrompe tra quelle stesse mura, una presenza stramba, disarmante, che un po’ alla volta le allarga il cuore, le dice parole nuove ma antiche, come antica e sempre nuova, nel suo incessante chiedere è la compassione. La partorisce dal ventre della balena, per donarla all’urlo inatteso della misericordia.In “Piagata” si assiste a un incontro tra due sguardi differenti sulle cose del mondo e l’incontro diventa pretesto per uno scavo dentro se stessi, un’archeologia delle origini. I due personaggi, ritrovandosi finalmente nello stesso pensiero, hanno la forza di ritrovarsi in uno stesso sguardo. |
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