di Gianluca Iovine
L’opera stimola dal palco – come già Capri-Revolution di Martone ha saputo fare sullo schermo – una riflessione sulle rivoluzioni necessarie a conseguire la pari dignità di genere per le donne del mondo. Il dolore di Clitennestra è dunque urlato e silenzioso, represso e potente, come in tante donne di oggi che, proprio come lei, subiscono violenza e indifferenza. L’attesa di anni per il compagno/re, incarna i paradigmi senza tempo della violenza di genere: le molte amanti, gli stupri di guerra, i silenzi e le bugie all’amata. Prima di uccidere altri, la donna dovrà uccidere se stessa, spezzando la propria fragilità per generare odio, spegnendo il desiderio per apprendere la morte.